La stampa lenticolare

Stampa lenticolare

Spesso, nello studio per campagne promozionale, abbiamo a disposizione solo una foto e con questa dobbiamo essere capaci di esprimere concetti ed idee: una foto che ferma un attimo, che blocca il momento più esplicativo del prodotto che dobbiamo promuovere. Ma se invece di una foto avessimo la possibilità di mettere più scatti, una sequenza, un “morphing” o una serie di immagini associate al concetto? Lo so, una risposta potrebbe essere quella di utilizzare immagini video, ma io non voglio parlare del video, ma della stampa lenticolare.

La stampa lenticolare ha avuto un suo primo boom in Italia agli inizi degli anni’60: figurine promozionali, gadget pubblicitari, fino ad arrivare a cartoline osè con “donnine” ammiccanti. Il concetto di stampa era lo stesso di quello di adesso, con la differenza di essere sicuramente più artigianale: l’immagine da stampare viene suddivisa in “strisce” e stampata su di un foglio lenticolare.

Il foglio ha una parte liscia ed una lenticolare: si stampa in vetrofania nella parte liscia, poi si copre il tutto con un passaggio serigrafico in bianco. A seconda dell’effetto che vogliamo ottenere prepareremo un’immagine montando delle piccole strisce alternate con l’immagini che vogliamo far vedere senza sovrapporle: la dimensione delle strisce e degli intervalli adesso si ottengono in automatico attraverso software dedicati, mentre in passato era davvero un lavoro certosino. Una volta stampato, guardando dalla parte del lenticolare, grazie alla “magia” di un effetto ottico avremo la sensazione di avere due o più immagini che si “muovono” o si alternano. Logicamente non si tratta di “magia”, ma solo di una semplice effetto dato dalla differente incidenza della luce.

Gli effetti che possiamo ottenere sono molteplici: dall’effetto FLIP, due immagini che si alternano, al MORPHING, cioè la dissolvenza di un’immagine in un’altra, all’ ANIMATION che da un effetto movimento, per arrivare ad immagini che danno un effetto ZOOM o TRIDIMENSIONALE. La stampa lenticolare, sempre grazie all’utilizzo di software e computer, adesso è realizzabile anche in grande formato per Pop o affissione; non sono tantissime le aziende che lo producono, ma sono sicuramente sempre più specializzate.

Le tecnologie ci sono, le idee non ci mancano, sicuramente servono clienti coraggiosi e pronti ad esprimersi.

Saluti
Roberta Dalla Valle

Il retino: gioia e delizia

Retino di stampa

Quando progettiamo una grafica dobbiamo sempre necessariamente tenere presente come verrà stampata e da li capirne i limiti e riuscire a spiegarli al cliente, che puntualmente, li accetterà con “molta” fatica!

Avendo lavorato molti anni come grafica per serigrafia e facendo adesso alcune consulenze per piccole realtà i due punti dolenti di questa tecnica per me rimangono: il retino.

Il retino è quell’effetto che usiamo per ottenere una sfumatura. Quando progettiamo il nostro disegno utilizzando un qualsiasi programma di grafica (Photoshop, Illustrator, InDesign o altro) e dobbiamo pensare ad una sfumatura, la cosa più semplice è quella di affidarsi allo strumento sfumatura e decidere quale colore utilizzare e in che percentuale di densità. I nostri “segni grafici” sullo schermo del computer risulteranno fantastici, le sfumature saranno perfettamente come le abbiamo pensate… poi il sogno finirà e dovremo passare alla fase di stampa!

La prima cosa da capire è l’effetto che vogliamo ottenere, vi porto un esempio semplice: se vogliamo fare un colore rosso acceso che va a scurire al nero, dovremo pensare che il colore rosso diverrà la base su cui fare il retino. Perciò lo stamperemo come primo colore pieno e sopra stamperemo il nero che sarà retinato. Adesso arriva la parte più complicata, cioè capire che tipo di retino utilizzare in base a tutte le variabili del caso.

Esistono vari tipi di retini, che potete gestire attraverso la fotounità che vi svilupperà le pellicole, attraverso i programmi di grafica creando “finti” retini in mezzatinta o utilizzando la versione stocastica o bitmap. La versione di retino “tradizionale”, quella cioè basata su di un punto geometrico che va a diminuire di grandezza con il diminuire della densità del colore è sicuramente molto bella da vedersi ma ha due grandi limiti: il primo è che spesso il cliente non capisce perché vede dei pallini da vicino (e su questo spenderete dei giorni per istruirlo) l’altro è l’effetto moiré che può avvenire quando l’inclinazione del retino e quella dei fili del telaio non si accordano perfettamente.

Per ovviare a questi problemi è sicuramente meglio scegliere un retino stocastico, perché avendo una frequenza “casuale” non crea l’effetto moiré e non fa vedere i “pallini” ma è composto da una serie di piccoli puntini che si intensificano o diminuiscono a seconda della densità del colore. Una cosa da tenere ben presente è che la stampa sotto una certa percentuale brucia il retino, cioè lo fa sparire e sopra lo chiude, perciò quando pensiamo ad una sfumatura che deve finire allo zero, è bene allungarla un pochino e farla terminare con una percentuale del 5/10%.

Per ultima cosa è importante sapere a che frequenza realizzare il retino: la frequenza è quanti puntini ci sono in un centimetro lineare o in un pollice. Più bassa è la frequenza, più “grossolana” e visibile sarà la retinatura. Stessa cosa vale quando utilizziamo la sfumatura stocastica: più alta sarà la risoluzione in dpi (punti per pollice) più il nostro disegno sarà definito. Ma la scelta della definizione dipende dal numero di fili che utilizzeremo: per portarvi un esempio veloce, io per stampare un retino di 40/50 lpi utilizzo un telaio a 120 fili. Più è alto il numero dei fili che andremo ad utilizzare, più definito e “piccolo” potrà essere il nostro retino.

Per concludere, come già saprete la serigrafia è piena di variabili che dipendono dal materiale che vogliamo stampare, il tipo di inchiostro che vogliamo utilizzare, le asciugature, il numero di fili dei telai e per ultimo il numero di frequenza del retino, perciò il solito consiglio vale anche in questo caso: provate e troverete sicuramente la formula adatta alle vostre esigenze.

 

Saluti

Roberta Dalla Valle

Realizzare un’etichetta

Etichetta: non è solo design

L’etichetta nasce con scopo ben preciso: spingere all’ acquisto.
Davanti alle confezioni sullo scaffale la nostra decisione di acquisto è per il 70% influenzata dall ’etichetta.

Un’etichetta vincente quindi. Ma come fare a realizzarla?

LA STAMPA HA UN RUOLO FONDAMENTALE
Non basta progettare un design accattivante. 
Noi come studio grafico sentiamo l’esigenza di lavorare a stretto contatto con lo stampatore; confrontarci con le specifiche tecniche del settore.
Nasce l’esigenza di conoscere i materiali disponibili, fare le prove colore e altro ancora.
Lo stampatore sicuramente avrà più esperienza di noi e potrà anche consigliarci su come arrivare a certi obiettivi , risolvere problemi di progettazione iniziali. O più semplicemente farci venire nuove idee di applicazione.

L’ERRORE DA EVITARE
In alcuni casi il cliente commissiona solo il progetto grafico, curando personalmente in seguito il rapporto con lo stampatore, ignorando totalmente cosa ci sia dietro uno sviluppo grafico e cosa ci sia dietro una messa in stampa.
Risultato? Che il prodotto finito non ha soddisfatto le aspettative e di conseguenza l’etichetta non ha raggiunto lo scopo.

LA SINERGIA: LA STRADA GIUSTA
Lavorare assieme allo stampatore ci permette di progettare per e in funzione di cosa. 
Utilizzare la stampa serigrafa o la stampa offset, carte metallizzate o non, fustelle, impressioni a caldo e via dicendo. 
Molteplici soluzioni, infinite combinazioni; tutto questo per centrare l’obiettivo : suscitare curiosità, trasmettere emozioni e spingere all’ acquisto.

RIASSUMENDO
Dietro lo studio di un’etichetta, quindi, non c’è solo la ricerca di un certo stile grafico piuttosto che di un altro.
Bisogna conoscere i materiali disponibili sul mercato e analizzare quale sia quello adatto alla realizzazione della nostra etichetta.
Analizzare la superficie su cui verrà applicata è altrettanto importante. 
Lavorare a fianco dello stampatore comporta uno studio approfondito in ogni aspetto e permette la giusta strada per un’etichetta vincente!

 

Elena Gorini
theValentino Agenzia di Comunicazione & Ufficio Stile

Offset o digitale?

offset-digitale-thevalentino
Quando ho iniziato a lavorare (ma quanto sono vecchia ormai!) la stampa era il momento conclusivo di tutti i lavori: il termine massimo, la prova del fuoco, tutti i nodi vengono al pettine. Aspettavamo la chiamata del tipografo che ci diceva che tutto era pronto ed entusiasticamente andavamo in tipografia a raccogliere il frutto della fatica, fossero stati biglietti da visita o cataloghi, l’emozione era la stessa. Sicuramente anche i clienti e le loro richieste erano abbastanza differenti, chi si avvicinava alla stampa lo faceva sempre cautamente e pronto, spesso sbagliando, a pagare dei salassi enormi anche per la più piccola cosa.

La stampa, rimanendo sempre uguale a se stessa, si è evoluta tantissimo e finalmente abbiamo una vera possibilità di scelta: l’offset e la stampa digitale.

Io credo che le due tecniche non debbano essere messe in contrapposizione, perché ognuna apre differenti vie di utilizzo: dipende logicamente da quello che dobbiamo stampare e dall’utilizzo che ne dobbiamo fare.
Spesso i piccoli cliente, o anche le aziende che devono fare presentazioni interne, richiedono stampati in piccole quantità in tempi ristretti e la stampa digitale rende questo possibile.
I vantaggi sono tanti: dal risparmio sugli impianti, il montaggio e l’avviamento macchina, alla possibilità di stampare piccoli quantitativi, alla resa in stampa, che ipoteticamente non subisce variazioni cromatiche in tutta la tiratura. In più, se pensiamo alla stampa editoriale, esiste la possibilità di mettere in produzione anche una sola copia di un libro uscito dalla produzione e per finire non dobbiamo scordarci che anche sulla stampa digitale è possibile fare applicazioni e nobilitazioni, cosa già molto usata nella realizzazione delle etichette del vino.

Fin qui tutto sembra giocare a favore del digitale, ma come ho detto tutto dipende dal prodotto che vogliamo realizzare: la stampa digitale è ancora legata a formati fissi (molte aziende di stampa non superano l’A3 PLUS), non può stampare i colori Pantone o in generale a campione, ma soprattutto ha una limitazione di costo: la stampa digitale ha costi fissi che non si ammortizzano con il crescere delle tirature, mentre l’offset ha la possibilità di decrescere come prezzo con un più alto numero di copie, di stampare colori a campione, di stampare su tutti i formati e su tutte le carte e di fare quasi tutte le lavorazioni in linea.

La conclusione è dunque che dipende da quello chedobbiamo fare, ma l’importante è non precludersi nessuna possibilità ed avere la capacità di proporre sempre la giusta soluzione, perché la stampa non può essere sostituita da nessun e-book o da Iflyer, e pensare che la tecnica continuerà a sorprenderci.

Roberta Dalla Valle
theValentino Immagine e Comunicazione